Il diritto all’abitare rappresenta in Italia una priorità assoluta.
I dati ci consegnano un quadro in declino costante e insostenibile: se nella generazione dei «baby boomers» il 66% uscì di casa fra i 21 ed i 30 anni e solo il 6% dopo i 30 e nella «generazione x» il rapporto diventò 63% e 8%, per chi è nato dopo il 1980 la situazione si è drasticamente ribaltata: solo il 28% esce di casa fra i 21 e i 30 anni ed invece ben il 57% esce di casa dopo i 30 anni.(1)
Nelle città italiane di medie e grandi dimensioni vivere in una stanza singola all’interno di una casa condivisa non è più una prerogativa degli studenti universitari, ma è la condizione di vita sempre più frequente per masse di lavoratori precari, giovani e meno giovani: l’età media di chi vive in una stanza singola in affitto è di ben 30 anni, molto oltre l’età media di uno studente universitario.(2)
In questo contesto i Comuni sono le istituzioni per natura in prima fila, ma possiedono armi antiquate e spuntate. La realizzazione di nuova Edilizia Residenziale Pubblica è resa più difficile a causa dei fondi limitati: in questo ambito, le amministrazioni spesso considerano già abbastanza ambizioso l’obiettivo degli 0 alloggi ERP sfitti perché inagibili.
Inoltre, quand’anche fosse attuabile come in passato, l’edilizia ERP propriamente detta appare oggi una componente ancora fondamentale per garantire il diritto all’abitare, ma non più sufficiente da sola ad af- frontare un quadro socio-economico molto più frammentato e complesso che in passato. Difatti – come anche evidenziato in apertura – oggi dal diritto all’abitare sono escluse non solo le fasce della popolazione maggiormente in difficoltà economica, ma anche le crescenti fasce di popolazione (giovane e non giovane) intrappolate nella precarietà lavorativa ed esistenziale.
Queste categorie di cittadini non possono accedere ai bandi ERP perché “troppo benestanti” secondo i criteri di selezione, ma non sono comunque nelle condizioni di stipulare un mutuo o di poter pagare continuativa- mente un affitto a causa del proprio reddito intermittente e irregolare, necessitando di politiche specifiche.
Una politica per il diritto all’abitare adeguata alle sfide contemporanee dovrebbe dunque muoversi lungo tre assi d’intervento fondamentali:
• Il mantenimento e il miglioramento del patrimonio ERP esistente e delle condizioni di vita dei loro inquilini;
• Realizzazione di nuova ERP e altre politiche dedicate alle fasce in maggiore difficoltà economica, da attuare in aree dismesse in un’ottica sostenibile;
• Politiche innovative dedicate alle fasce di popolazione in condizione di precarietà economica.
Rispetto all’ultimo punto, Monza ha già prodotto alcune innovazioni importanti (3)
È necessario proseguire attuando una rosa ampia e coordinata di politiche, che includano la promozione dell’ERP e dell’edilizia convenzionata, la creazione di agenzie di intermediazione per l’affitto, di fondi di garanzia per i contraenti di mutui e di sostegno per l’affitto e le morosità incolpevoli, la realizzazione di forme residenziali di natura temporanea, la sperimentazione dell’autorecupero e di forme di gestione comunitaria dell’edilizia pubblica.
1 Fonte: Doxa.
2 Fonte: Idealista
3 Ad esempio prevedendo che nella realizzazione di interventi di edilizia convenzionata almeno il 30% degli alloggi siano destinati a locazione (inclusa quella con patto di futura vendita) Fonte: Schema di convenzione del Comune di Monza.