Per LabMonza “sicurezza” non va di pari passo con l’idea di controllo e con l’annebbiata visione di chi vede il “diverso” fonte di insicurezza per chi abita la città.
Consideriamo la sicurezza una tematica trasversale; pensiamo che non sia un diritto in sé, ma un bisogno umano che si soddisfa garantendo la realizzazione di una serie di diritti che, insieme, la costruiscono: il diritto al lavoro, il diritto alla casa, il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, il diritto a vivere in un luogo dignitoso e, non ultimo, il diritto alla socialità.
Una definizione di sicurezza che dipende dal rapporto tra dato oggettivo e percezione soggettiva, ove l’effet- tiva sicurezza è in contrasto con la sicurezza percepita. Vi è una forte relazione tra paura della criminalità e salute. Ansia, limitazione di movimenti, mancanza di fiducia nel prossimo, aumento della conflittualità, sono solo alcune delle conseguenze della paura. Le cause principali di questa paura sono da ricondurre al progressivo ingrandimento delle città e alla narrazione che i media fanno dell’incessante ondata migratoria, fatta di sensazionalismi e giocata sulla presa emotiva nei confronti di quelli che sono considerati più “spet- tatori” che cittadini (dimostrando tra l’altro l’intento di infantilizzazione degli elettori). Un’associazione tra migrazione e criminalità completamente ingiustificata: dati alla mano, alla prima non corrisponde un aumento dei fenomeni criminali.
Questa lettura delle cose dipende da caratteristiche individuali (tra cui: genere, età, stabilità lavorativa, indice di reddito, pregiudizio come paura del diverso) e, in particolar modo, dall’influenza delle percezioni dell’ambiente di vita. Caratteristiche individuali che quindi sono strettamente connesse al contesto sociale, sia perché ne sono condizionate, sia perché contribuiscono ad alimentarne il clima diffuso. Per questo riteniamo che un maggiore benessere collettivo aumenti lo stato di benessere individuale e, nel singolo, la sensazione di “essere al sicuro”. E viceversa: il benessere del singolo favorisce il benessere della collettività nel suo complesso e quindi di tutti gli altri singoli che la compongono.
Crediamo che la sensazione di sicurezza nasca anche dal “senso di appartenenza”. Favorendo la citta- dinanza attiva e la partecipazione dei cittadini alla vita sociale della città, è possibile, insieme, diventare più consapevoli delle condizioni che ci fanno sentire al sicuro e in benessere, e operare per raggiungerle. Questo coinvolgimento accende il senso di appartenenza inteso come “essere parte” di una comunità e favorisce il senso di sicurezza. Una sicurezza che è partecipata. Un intervento sul territorio che deve, pur nel reprimere la criminalità, produrre fiducia e al contempo essere efficace. Crediamo infatti che la vera sicurezza si ottenga con maggiori legami sociali.
Immaginiamo alcune piste da seguire in questa direzione:
• Promozione del modello bolognese e bergamasco delle “Social Streets” (http://www.socialstreet.it/), per aumentare i legami all’interno della comunità e di conseguenza aumentare il senso di partecipazione e l’idea di una città sicura.
• Accoglienza diffusa e confronto con i migranti per superare la costante paura del diverso. Un confronto e un aiuto reciproco creano aggregazione e inclusione.
• Sostenere, promuovere e ampliare l’importante rete associativa cittadina, luogo in cui si sviluppano attivismo, volontariato, relazioni, contribuendo a creare migliori condizioni sociali e aumentare così il benessere collettivo.
• Promuovere in maniera attiva la partecipazione alla vita pubblica, attraverso il volontariato e il coinvolgimento dei cittadini sia in termini decisionali (si veda la sezione “Strumenti di democrazia diretta”) sia in termini di produzione e animazione culturale nei quartieri.
• Costituzione di una rete nella quale vengano inseriti tutti coloro che operano sul territorio: dai vigili di quartieri agli assistenti sociali, dagli enti del terzo settore agli organi di polizia, fino alla mediazione legale e agli uffici per il decoro pubblico.
• Collaborazione e partecipazione da parte di tutti i settori dell’amministrazione.
Anche i luoghi della cosiddetta “movida” (altro termine dall’accezione spesso e volentieri negativa nella narrazione dominante) possono essere concepiti come spazi di aggregazione e partecipazione che aumentano il benessere e la sicurezza effettiva delle strade della nostra città. Per esempio incentivando un ampliamento dell’offerta aggregativa della “movida”, che vada altre il consumo di cibi e bevande, affinché diventi un’esperienza culturale e di condivisione. Lo sviluppo di una movida “culturale” diffusa sul territorio avrebbe tre importanti effetti:
• Rendere più frequentate e, quindi, più sicure le strade per tutti/e;
• Affermare Monza come polo socio-culturale della Brianza;
• Genesi di eventi culturali di “richiamo” per i cittadini monzesi e non solo, per vivere le proprie serate a Monza, con un conseguente ritorno anche economico per i numerosi locali della città.