Ecosistema urbano 2020, Monza di nuovo sul fondo della classifica

Legambiente ha pubblicato oggi il rapporto annuale “Ecosistema Urbano giunto ormai alla sua ventisettesima edizione, che analizza e fa una classifica delle performance ambientali delle città italiane.

Sotto la lente d’ingrandimento 104 capoluoghi in cui vengono valutati 18 indicatori afferenti a 6 componenti ambientali: aria, acque, mobilità, ambiente urbano, energia. A ognuno degli indicatori calcolati viene assegnato un peso che permette di arrivare al punteggio finale, compreso tra 0 e 100 che indica la percentuale di sostenibilità ambientale delle città.
Sul podio i “soliti noti”: Trento e Mantova al primo e secondo posto e Pordenone che scavalca Bolzano guadagnandosi il terzo posto.

E Monza?! No, non cercatela a partire dalle prime posizioni, è molto più vicina al fondo della classifica. La nostra città ha infatti perso la bellezza di 6 posizioni rispetto all’anno scorso, piazzandosi all’85° posto.
Forse questo risultato non è poi così stupefacente visto che la nostra città si è sempre posizionata in questa fascia della classifica, anche se in modo parecchio altalenante (79° posto nel 2019, 98° nel 2018, 94° nel 2017, 91° nel 2016, 78° nel 2015), ma sicuramente è un dato allarmante e che denota la necessità di interventi che portino verso una città sostenibile.

La “città sostenibile” non è certo un semplice slogan di tendenza, ma un’espressione che implica un modello di sviluppo che possa essere compatibile con finalità ambientali, sociali ed economiche e che necessita di un ripensamento dello spazio urbano che parta dagli stessi cittadini. Questi tre aspetti sono legati profondamente e non sarà possibile analizzare l’impatto di una variazione su uno di questi fattori senza prendere in considerazione gli effetti che esso ha sugli altri due. Una città più verde è una città in cui gli abitanti sono invogliati a vivere gli spazi cittadini creando un virtuosismo sociale ed economico che permette di puntare ad una vera e duratura sostenibilità.
L’urbe del futuro (che per certi versi ha delle somiglianze con un concetto di città che era considerato antiquato) è infatti quella in cui lo spazio pubblico è sentito come proprio dai cittadini, che possono viverlo e renderlo vivo. Ciò non è possibile fino a che ci limiteremo a considerare quello abbiamo fuori dalla porta di casa come una mera area di transito verso un altro luogo privato.

L’analisi della sconfitta
Una più approfondita disamina mette in evidenza le gravi carenze che la città di Monza presenta in questo ambito e che hanno comportato lo scivolone verso il fondo della classifica.

Monza ha infatti posizioni alte o molto alte in 5 dei 18 indicatori:
– 1° posto (con altre città) di depurazione idrica, pari al 100%
– 2° posto per la dispersione idrica con un rapporto acqua erogata/acqua immessa inferiore del 12,8%
– 2° posto per l’uso efficiente del suolo, ovvero un buon rapporto tra crescita del consumo di suolo e variazione della popolazione
– 13° posto nella classifica del verde totale con 70,5m2 per abitante
– 16° posto nella classifica dei rifiuti con 434kg per abitante

Posizioni medie o medio-basse in altri 6 indicatori:
– 43° posto per numero di alberi grazie ai suoi 17 alberi ogni 100 abitanti
– 45° posto nella classifica della raccolta differenziata con una percentuale del 65,5%
– 45° posto nella classifica automobili con 64 auto ogni 100 abitanti
– 54° posto nella classifica dei chilometri percorsi dai mezzi pubblici in un anno per abitante, pari a 22
– 60° posto per superfici ciclabili con 4,01m2 per abitante
– 69° posto per passeggeri di trasporto pubblico per abitante, con un dato di 31

Posizioni bassissime nei restanti 7 indicatori:
– 87° posto per le isole pedonali, con 0,08m2 per abitante
– 88° posto della classifica ozono con 68,5 giorni di superamento della media mobile sulle 8 ore di 120μg/mc
– 91° posto per la classifica degli incidenti automobilistici con 7,1 morti o feriti ogni 1000 abitanti
– 94° posto per l’incidenza dell’energia solare prodotta da dispositivi installati su edifici di proprietà comunale rispetto ai consumi delle famiglie residenti, la proporzione è del 65,5%
– 95° posto per la concentrazione di PM10 con 33μg/mc
– 97° posto per concentrazione di NO2 con 46μg/mc
– 98° posto per il consumo idrico domestico, pari a 220,2l per abitante al giorno

Per arrivare alla posizione in classifica generale si consideri che ogni indicatore ha un peso specifico che influenza il punteggio finale e il posizionamento in classifica.

Quali conclusioni possiamo trarre da questi dati?
Sicuramente che c’è una cosa che nella nostra città è ben amministrata: l’acqua. Dato, però, molto scarsamente rappresentativo della sensibilità alla tematica dello spreco idrico dei cittadini monzesi, che consumano 200l di acqua al giorno.
Che l’amministrazione ha fatto passi da gigante nell’ambito del consumo di suolo, senza dimenticare che l’obbiettivo finale non è quello di essere primi nelle classifiche ma quello di avere consumo di suolo pari a 0 (una delle storiche battaglie di LabMonza).
Che anche se siamo in posizioni alte nel verde urbano dobbiamo ricordare che questi indici non tengono conto della sua distribuzione che a Monza è ovviamente molto disomogenea e concentrata nel parco con un conseguente smorzamento dei benefici che può portare un’infrastruttura verde ben distribuita sul territorio.
Che i campi in cui Monza presenta le più grandi lacune sono quelle che secondo Legambiente sono più importanti nella definizione di una buona performance ambientale urbana.
Non è un caso che la mobilità abbia il peso più alto, pari al 25%, nella definizione del punteggio finale. Ad essa fanno seguito aria e rifiuti (20% ciascuno), acqua e ambiente urbano (15% ciascuno) ed energia (5%).
La nostra città ha un evidente problema legato alla scelta di privilegiare il trasporto privato su gomma: poche aree pedonali, alti livelli di inquinamento aereo in termini di nitrati, particolato e ozono (sebbene le automobili non siano l’unica fonte di emissioni), moltissimi feriti e morti in incidenti stradali, pochi passeggeri per abitante sui mezzi pubblici, molte auto.
Il raggiungimento della sostenibilità deve quindi passare per interventi mirati a risolvere i grandi problemi tralasciati per via di un’amministrazione che non è abbastanza audace e teme di perdere voti, di oggettive difficoltà di attuazione, di scogli di carattere culturale che ancorano a un’idea ormai superata di città.

Nuovi spunti per il futuro
Con il rapporto è stato, come ormai di consueto, pubblicato un breve dossier sulle “Best Practices” (migliori pratiche) messe in atto dalle amministrazioni cittadine più audaci perché tutte le altre città, anche quelle meno intraprendenti, possano prendere spunto per fare dei passi avanti.
Numerosi i progetti che mirano alla creazione di una “15-minutes city” (città da 15 minuti) che punta a creare un tessuto socio-economico-ambientale che permetta ad ogni cittadino di trovare in un raggio di 15 minuti a piedi o in bicicletta dalla sua abitazione tutto ciò di cui ha bisogno per socializzare, acquistare beni di prima necessità e non, studiare, divertirsi, acculturarsi, fare attività fisica, curarsi.
Sono sempre di più le città che decidono di svilupparsi in questo senso, soprattutto in questo momento in cui il pendolarismo eccessivo può diventare un rischio sanitario oltre che un ingente dispendio di tempo.
Tra i progetti più interessanti quelli della “Ciclopolitana” di Cosenza (un altro degli storici foci di LabMonza per il nostro territorio), gli acchiappa-rifiuti dei fiumi laziali, le grandi implementazioni di sharing mobility di Milano e Torino e il progetto “Verona a piccoli passi” che ha vinto questa edizione del concorso impostando un modello sociale e territoriale innovativo che punti al benessere sociale dell’individuo.
Di spunti, insomma, non ne mancano. Ora sta alla nostra città la capacità di cogliere quelli più adatti ad essere trasferiti sul nostro territorio.

 

Lorenzo Spedo