Il successo della Lega-non-più-Nord insegna che si può vincere anche in assenza di un programma ampio e organico, ma con una sola pagina e un unico tema; insegna che ci si può permettere di fare politica senza programmazione di lungo periodo, assecondando i mal di pancia del momento, e che si può gonfiare un problema fino a renderlo totalizzante , per poi far credere di risolverlo peggiorando la situazione. Basta saper comunicare. Alla base di questo successo c’è, infatti, una strategia comunicativa fortissima, portata avanti a livello nazionale e locale con insistenza, che mira all’estrema semplificazione di qualsiasi messaggio e di qualsiasi problema – oltre che alla messa alla berlina e alla ridicolizzazione dell’avversario. Il risultato è uno scadimento del dibattito e della qualità delle politiche senza precedenti.
“La Bestia” è il modo in cui è notoriamente divenuta famosa a livello giornalistico la macchina che organizza ed alimenta la strategia social di Salvini (anche se le fonti giornalistiche la attribuiscono dubbiosamente allo staff stesso del Capitano). Al di là delle teorie del complotto che dilagano appena si nominano algoritmi e questioni tecnologiche, che l’hanno velocemente resa nell’immaginario collettivo una macchina perfetta e quasi automatizzata di produzione di contenuti, “la Bestia” è indubbiamente una rodata ed efficientissima strategia di comunicazione politica, formulata sulla base dei risultati ottenuti dai più recenti strumenti di analisi delle informazioni estrapolabili dalla rete, interpretati da un team di professionisti.
La strategia di Salvini figlia della Bestia è semplice ma spietata quanto, appunto, quella di un predatore feroce: completo annullamento della distanza fra il politico, Salvini, e il “popolo” a cui ci si riferisce, che viene ribadita in ogni aspetto dal vestiario (è più facile avvistare un liocorno che Matteo Salvini con una giacca, da quando è diventato ministro) ai post su Facebook, costituiti di buongiornissimo caffèe la mattina e buonasera a fine giornata, foto del cibo mangiato a pranzo (anche quando sono inquietanti uova al tegamino) e della crepe alla nutella buonissima mangiata alla fiera di Natale, tutto con un linguaggio ricercatamente e artificiosamente semplice. Una buona parte dei post della pagina ufficiale di Matteo Salvini sono pensati per assomigliare moltissimo a quelli di un cittadino qualunque.
Prendiamo questo post ad esempio: il selfie è esasperatamente amatoriale, studiato per essere l’opposto speculare dell’usuale foto in posa di un politico; il richiamo alla manifestazione nazionale della Lega dell’8 dicembre è a sua volta l’opposto speculare di un usuale appello ad una manifestazione, scritto come quando si cerca disperatamente l’ultimo compagno per una partita di calcetto o qualcuno con cui andare a vedere il nostro gruppo musicale preferito, al punto di risultare innaturale e quasi ridicolo.
La strategia frutto della Bestia è, in definitiva, il populismo nel suo senso più peculiarmente italiano che esista: quello che cerca il consenso inseguendo e rappresentando l’«uomo qualunque», il discorso da bar con in mano un bianchino, i commenti sotto le pagine Facebook.
https://www.instagram.com/p/Bq4r1HnB2BG/
Che cosa c’entra tutto questo con Allevi e Arena, il sindaco di Monza e l’assessore acchiappa-tutto? Non è la gestione social, di certo: sebbene Arena in particolare copi molto lo stile dei post di Salvini nei propri, la sua comunicazione come quella del Sindaco sono molto istituzionali, e nessuno dei due addirittura ha una propria pagina Facebook. Ma analizzando più a fondo la strategia che hanno assunto Allevi e la sua giunta dall’insediamento ad oggi, essa sembra una versione più modesta e raffazzonata di quella del Capitano: una «Bestiolina».
Invece dei più potenti software di Data Analysis, c’è la più prosaica lettura dei settimanali e della rassegna stampa locale, sapendo che è l’insieme delle notizie locali su carta stampata ed in digitale che orienterà la maggioranza del dibattito medio. Di cosa parlano i settimanali ed i giornali online monzesi? Di sicurezza naturalmente, quasi esclusivamente. Di sicurezza in stazione, a voler essere pignoli.
Ecco nascere la bestiolina di Allevi e Arena: un’azione amministrativa basata sulla saldatura completa fra azione amministrativa e trending topics (invero piuttosto monotoni) dell’informazione locale.
Prendere un argomento mediatico succulento – la sicurezza in stazione – elevarlo a guerra da combattere per la sopravvivenza della città, e improntare una strategia amministrativa e mediatica disinteressata al superamento dei problemi ma volta esclusivamente alla sovrapproduzione di notizie che permettano una sovraesposizione mediatica e un ostentato attivismo. Compiere appena si può uno sgombero da una area dismessa, anche se si è perfettamente consapevoli che l’area verrà rioccupata pochi giorni dopo: è pur sempre un articolo di giornale in più. Tenere i vigili in stazione in modo che appena possibile identifichino qualcuno, diano una multa a qualche ambulante o sequestrino qualche grammo di droga: non cambierà una virgola della situazione alla stazione, ma permetterà di produrre tanti «risultati» (fittizi) con cui essere perennemente presenti sulla stampa locale.
https://www.instagram.com/p/BqpNT_2BRLc/
Non è un caso che, sparuti e barcollanti tentativi dell’assessore Sassoli di dare risalto ad un «tour delle aree dismesse» a parte, dopo più di un anno pressoché tutti gli altri assessori e temi risultino non pervenuti: la pianificazione culturale della città e dei suoi beni (vedi Villa Reale allo sbando), le politiche sociali e abitative, la pianificazione dell’attrattività turistica della città, la mobilità (qualcuno ha detto Monza seconda città più inquinata d’Italia?), l’istruzione, il futuro urbanistico della città, sono temi su cui quest’amministrazione finora non ha avuto nulla da dire.
Sono argomenti complessi, troppo per essere facilmente mediatizzati, dunque inutili per la nostra «bestiolina».
Talvolta le contraddizioni della bestiolina emergono, come quando si scopre che per produrre l’infinita serie di piccoli quanto inefficaci controlli e multe in stazione ad uso stampa, l’amministrazione ha impedito che i vigili svolgessero il loro vero lavoro, che è sanzionare chi viola il codice della strada mettendo a repentaglio la sicurezza (quella vera, non percepita) dei cittadini. Un dettaglio mica da poco, tradottosi in 1,2 milioni di € in meno di introiti nelle casse del Comune in un solo anno. La risposta dell’assessore è naturalmente una rivendicazione orgogliosa improntata al qualunquismo più becero, che la cultura istituzionale dignitosamente vieterebbe: il collasso del numero di multe è un vanto, perché comminare multe significa «vessare i cittadini» e a differenza dell’amministrazione precedente questa giunta è dalla parte dei cittadini e non li vessa. Il discorso da bar contro il Comune interessato solo a far cassa a spese dei cittadini assunto come discorso ufficiale del Comune: in pratica schizofrenia amministrativa in salsa monzese.
Di non sola sicurezza però può nutrirsi una bestiolina, questo deve essere apparso chiaro alla giunta monzese. Ecco allora che lo stesso meccanismo e strategia viene applicata, recentissimamente, sotto le feste natalizie per offrire un surrogato valido alle politiche culturali e turistiche di una città. Anche qui, è alla saldatura con il sistema d’informazione locale e nazionale che si guarda, è un presunto «uomo qualunque» il proprio target: non c’è bisogno di un barlume di pianificazione dell’offerta culturale e turistica della città (neppure quando il turismo raggiunge davvero i propri picchi come in presenza del Gran Premio, quest’anno ospitato in una città tragicamente desolante), ma basta costruire un surrogato di esse nel momento in cui lo «spirito natalizio» diventa prepotentemente trending topic dai giornali ai tg alle pubblicità. Le luminarie proiettate sull’arengario si sono indubbiamente rivelate, che possa piacere o meno a chi legittimamente storce il naso di fronte all’estrema pacchianeria dei personaggi e scene proiettate, un importante successo di pubblico, almeno nei giorni della loro inaugurazione, facendo riversare un numero molto importante di cittadini in Arengario e provocando decine se non centinaia di foto orgogliose e felici sui social networks.
Perché alla fine è solo questo che conta, (o) no?
P.S.= Sono consapevole che quest’articolo sia tacciabile di quello snobismo tipico della sinistra radical chic. «Ecco, il solito intellettuale di sinistra con la puzza sotto il naso che attacca il cittadino qualunque invece di cercare di convincerlo» penserà certamente qualcuno. All’opposto, penso che il compito storico della sinistra ed il nodo fondamentale che essa debba affrontare per tornare ad essere una forza politica elettoralmente vincente, a livello locale come nazionale in questi tempi disastrati, sia «tornare amico dei ragazzi di strada» per citare il buon vecchio Majakovskij. Persino le bestie e le bestioline che si aggirano per l’Italia possono avere, tecnicamente, da insegnarci. Credo però altrettanto fermamente che, come è sempre accaduto nella storia, una forza di sinistra di massa sia anche intrinsecamente antitetica a qualunque qualunquismo.
Alessandro Gerosa