Hanno fatto molto discutere le parole dell’Assessora Désirée Merlini sulla campagna di vaccinazione, e a ragione.
Senza voler scadere nello scontro da bar – cui ben si prestano – le affermazioni dell’Assessora lasciano piuttosto perplessi per la contraddittorietà intrinseca.
Al netto delle pur legittime riserve sulla mancanza della fase 4 di sperimentazione dei vaccini approvati per la somministrazione – che comunque a oggi risultano sicuri ed efficaci – sulle quali di certo ha titolo per pronunciarsi, interrogarsi e confrontarsi con la comunità scientifica, alleggerire la pressione sugli ospedali e sul sistema sanitario è infatti la grande ragione di fondo che motiva tutte le misure e le restrizioni a cui siamo sottoposti da oltre un anno, oltre a quella principale della tutela delle vite umane – le due vanno chiaramente di pari passo.
La ragione è semplice: con un sistema sanitario sotto pressione, curare tutti e salvare vite umane diventa progressivamente sempre più difficile. Lo si è visto tra marzo e aprile 2020. È ovvio che a determinare il carico sul SSN non sia solo la disponibilità di posti letto, ma anche la presenza di personale medico, che, se non vaccinato, rischia lunghe degenze e persino la vita, esattamente come qualsiasi altro essere umano. Ed è ovvio che il personale medico sia in assoluto la categoria lavorativa più esposta al rischio di contrarre il virus, con tutti gli esiti del caso, diretti e indiretti, sulla circolazione del virus e sulla tenuta del SSN.
Anche questo dovrebbe avercelo insegnato l’esperienza.
È contraddittorio, dunque, che Merlini non approvi la vaccinazione di massa se non per evitare un sovraccarico del SSN, perché è esattamente questo quello di cui si sta parlando – evitare il sovraccarico che abbiamo vissuto l’anno passato e la perdita di vite umane connessa -, e l’obbligo vaccinale del personale medico rientra precisamente in questo ragionamento.
È ancor più contraddittorio – e grave, vista l’efficacia dei vaccini nella prevenzione degli esiti più critici della malattia -, il fatto che l’Assessora non suggerisca fortemente la vaccinazione ai suoi pazienti appartenenti alle categorie più fragili ed esposte, tanto più visto che è perfettamente consapevole che il vaccino protegga la persona che lo riceve, ma non necessariamente chi le sta attorno. Ci sono buone ragioni per non farlo, salvo eccezioni particolari? Più che di medicina, si tratta di probabilità e di costo-opportunità: chi altri dovrebbe ricevere il vaccino, se non coloro per cui sussiste la probabilità di perdere la vita se contraessero il Covid?
Certe affermazioni rilasciate a mezzo stampa, in questo momento delicato, sono doppiamente gravi in virtù del duplice ruolo della persona che le rilascia, in veste di rappresentante delle istituzioni e medico.
La campagna di vaccinazione e la sua buona riuscita sono una questione di interesse pubblico, di bene comune: due concetti che dovrebbero rientrare senz’altro nell’orizzonte ideale sia del medico che dell’amministratore locale.
Arianna Bettin