Secondo un recente sondaggio svolto da SWG, è l’attesa il sentimento prevalente fra gli elettori di Lega e M5S, più della fiducia. Segno che il governo gialloverde non è ancora riuscito a galvanizzare i propri elettori, che hanno per ora sospeso il proprio giudizio aspettando i mesi a venire.

Il 44% degli elettori della Lega ed il 51% degli elettori del M5S dichiarano di provare in questo periodo prevalentemente senso di attesa. Solo il 33% della base leghista e il 29% di quella grillina dichiara invece di provare fiducia. I pentastellati però sono gli unici fra il quale vi è una percentuale consistente (il 10%) che dichiara di sentirsi addirittura prevalentemente gioioso, anche se neppure la somma fra i gioiosi e i fiduciosi raggiunge il novero degli attendisti. In generale, cresce di molto la percentuale degli elettori totali che pensano si debba andare sulla strada delle riforme.

Questi i risultati più significativi dello speciale della rubrica PoliticApp di SWG del 4 Dicembre.

Dati e grafica di SWG, link http://www.swg.it/politicapp?id=gern

Un segnale di non ottima salute del governo giallo-verde presso i rispettivi elettorati, che rimangono dunque per ora ancora in attesa di conferme prima di dichiararsi pienamente fiduciosi, e che evidenzia la delicatezza della fase politica che l’Italia ed il governo attraverseranno nel prossimo anno: dopo una finanziaria particolarmente travagliata e confusionaria in cui i provvedimenti sono scomparsi e ricomparsi giorno per giorno, in cui le promesse elettorali principali (sopratutto del programma pentastellato) sono state scorporate, rimandate, ritornate, carpiate, questo sondaggio suggerisce che il 2019 sarà l’anno critico dove a seconda della capacità del governo di implementare effettivamente le riforme promesse, l’attesa si trasformerà in fiducia o delusione.

Un segnale che contrasta anche con il sentimento quasi di fatalismo (certamente verrebbe da dire di soggezione psicologica) che serpeggia presso una parte consistente dell’opinione pubblica, in particolar modo quella di sinistra, nei confronti di questo governo, percepito come destinato al consenso popolare e a durare l’intera legislatura. D’altra parte la storia politica italiana negli ultimi anni ci ha abituato a clamorosi plebisciti e rovinose cadute: sei anni fa Mario Monti dopo pochi mesi di governo riceveva indici di gradimento del 68% fra gli italiani, mentre solo quattro anni fa alle europee del 2014 il Partito Democratico guidato da Matteo Renzi toccava il 40.82% dei voti, il terzo miglior risultato di sempre nella storia repubblicana, il primo se escludiamo la DC. Certamente il vento oggi sembra spirare in poppa ai partiti del populismo, che essendo al governo hanno la possibilità di ‘blindare’ il proprio consenso trasformando l’attesa in fiducia, ma anche in questo caso proprio Matteo Renzi con la sua scelta di indire il voto referendario costituzionale ci ricorda che anche dal governo si possono prendere decisioni sciagurate, capaci di dilapidare in breve tempo la fiducia ed il consenso capitalizzati lungo diversi anni.

Naturalmente percepire prevalentemente attesa non significa necessariamente mettere in discussione il proprio partito di riferimento, ma riguarda maggiormente il proprio stato d’animo nei confronti del governo (l’elettorato M5S in particolare potrebbe aver sospeso il giudizio per il ruolo di subordinazione che sta vivendo rispetto alla Lega più che per l’operato di Di Maio e Toninelli in sé), ma è chiaro che se l’attesa si trasformasse in rabbia e disgusto, piuttosto che in fiducia e gioia, entrambi i partiti ne pagherebbero le ripercussioni.

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