Così, le sbarre si chiudono sul secondo sottopassaggio che dal lato est di Corso Milano permette di accedere agilmente al lato ovest, quello all’inizio della via. Il secondo sottopassaggio pedonale, che si immette direttamente nella piazza della stazione, era già stato chiuso poco dopo l’insediamento della nuova amministrazione e mai più riaperto. La motivazione è sempre la stessa: l’insicurezza dei luoghi.

Se anni fa, tuttavia, l’amministrazione Allevi poteva far cadere le responsabilità sulla fantomatica “precedente amministrazione” – un’entità mitologica spesso citata in queste situazioni – ora non c’è nessun alibi da chiamare in causa. La chiusura del secondo sottopassaggio su due attorno all’area della Stazione segna il fallimento definitivo, senza appello, dell’approccio esclusivamente securitario che l’amministrazione ha mantenuto verso la Stazione di Monza.

L’amministrazione Allevi ha vinto le passate elezioni promettendo una strategia fondata sul presidio securitario della stazione e la militarizzazione della Polizia Locale. In questi quattro anni ha attuato quanto promesso. Il problema è che era semplicemente tutto sbagliato. Quello che è avvenuto è stato uno spettacolare fallimento annunciato. Poco importa che noi, assieme a diverse altre realtà del territorio, avessimo già allora denunciato questo inevitabile epilogo.

L’amministrazione chiude i luoghi insicuri nella speranza di spostare il problema un po’ più in là, un po’ più nascosto agli occhi dei monzesi, mentre mantiene l’assoluta incapacità di compiere autocritica, correre ai ripari, elaborare strategie differenti.

Intendiamoci, lo stato critico del sottopassaggio chiuso era evidente. Ad ogni ora del giorno e della sera, per chi passasse all’odore acre dell’urina si univa lo sconforto di assistere a persone tossicodipendenti in grave stato di malessere, abbandonate a sé stesse. Il punto è che il progressivo aggravarsi della criticità del sottopassaggio non è avvenuto nonostante, ma esattamente a causa della strategia dell’attuale amministrazione. Una strategia monodimensionale, che facendo di tutta l’erba un fascio ha ridotto tutte le problematiche della Stazione di Monza – tipiche, tra l’altro, di gran parte delle stazioni ferroviarie – ad una questione di decoro urbano e sicurezza percepita.

Dopo un fallimento di questo genere, suggellato da una chiusura che è di fatto una resa, le dimissioni dell’assessore alla Sicurezza Federico Arena sarebbero d’obbligo. Il riconoscimento dignitoso che tutto ciò che si è sostenuto, proclamato, attuato, è risultato dannoso per la città. Non ci facciamo però illusioni: sappiamo che l’amministrazione Allevi continuerà a ripetere, come un disco rotto o una cocorita ammaestrata, gli stessi slogan vuoti e le stesse parole d’ordine fallimentari.

Quindi, che fare? Cambiare radicalmente strategia. Fuggire le scorciatoie apparentemente semplici ma fallimentari e riconoscere che problemi complessi richiedono approcci complessi e multisettoriali. Il rilancio della piazza, anzi delle piazze, della Stazione di Monza potrà avvenire soltanto con un piano di rigenerazione urbano, sociale, culturale ed aggregativo. In cui la tutela della sicurezza dei cittadini – ad opera delle forze dell’ordine competenti e non di improvvisati “corpi speciali” – sia una tessera del mosaico e non una improbabile bacchetta magica agitata compulsivamente nella vana speranza che qualcosa accada.