Nel corso dell’ultimo anno, LabMonza ha più volte sottolineato le problematiche intrinseche alla variante al Piano delle Regole del PGT dell’Assessorato Sassoli, sia nei contenuti che nei metodi, che amministrando una città spesso fanno tutt’uno. L’imposizione di ritmi vertiginosi all’iter di approvazione della variante solleva questioni di democraticità e trasparenza molto gravi. LabMonza ritiene che la Giunta debba fare chiarezza di fronte alla cittadinanza almeno rispetto a un punto: il consumo di suolo che la variante rischia di consentire.
Sarà forse per l’eccessiva fretta di chiudere in piena estate il processo di adozione della Variante, ma la Giunta ha approvato il tutto senza presentare la Carta del consumo di suolo. La Legge Regionale 31 del 2014, integrata nel PTR dal 2019, sancisce che la Carta del consumo di suolo “costituisce parte integrante di ogni variante generale o parziale del PGT che preveda nuovo consumo di suolo. L’approvazione della Carta del consumo di suolo costituisce presupposto necessario e vincolante per la realizzazione di interventi edificatori, sia pubblici sia privati, sia residenziali, sia di servizi sia di attività produttive, comportanti, anche solo parzialmente, consumo di nuovo suolo”.
Una dimenticanza che balza all’occhio, considerando che la variante Sassoli al Piano delle Regole, a differenza di quanto sostenuto dalla Giunta per mesi, potenzialmente consentirà nuovo consumo di suolo, anche senza toccare gli indici di edificabilità. A cos’altro servono i nuovi meccanismi che agevolano l’accesso alle premialità e l’alleggerimento delle norme, altrimenti? E, se non si tratta di una dimenticanza, la Giunta è pronta a scommettere che basti mantenere gli indici invariati per spacciare la variante come esente da nuovo consumo di suolo e a non presentare la Carta?
In breve, visto che la Carta del consumo di suolo risulta non pervenuta – e il PGT del 2013 non la contiene, essendo precedente alla Legge Regionale 31 -, riteniamo possibile che la variante non sia conforme alla normativa regionale. Tale possibilità richiede quanto meno un chiarimento da parte dell’amministrazione, a cui facciamo pertanto appello.
Torniamo a ribadire che le modifiche introdotte favoriscono oltremodo la possibilità di effettuare interventi compensativi in cambio di suolo e volumi da sfruttare, dimenticando che il suolo (come anche riconosciuto dalla normativa europea) è una risorsa non rinnovabile: deve essere occupato ai fini dell’urbanizzazione solo nel caso in cui la collettività tragga un beneficio superiore all’inevitabile danno ambientale. Sempre a causa delle modifiche introdotte, tra non molto tante zone della città oggi libere – inclusa la Cascinazza – potranno essere edificate più facilmente e messe prevalentemente a residenziale.
La scelta di concedere di costruire di più, con l’aumento delle concessioni volumetriche, a chi presenti progetti con un minor impatto ambientale è, in compenso, un’illusione ottica, un’operazione di “green washing” dietro cui la Giunta si ripara da mesi. Costruendo dal niente edifici su edifici ex novo, anche se più sostenibili, non si fa un favore all’ambiente. Un edificio più sostenibile impatta leggermente meno di un edificio costruito secondo canoni edilizi meno sofisticati, ma impatta infinitamente più della scelta di non costruire, se non quando è strettamente necessario. Senza contare che simili edifici risultano accessibili solo a fasce di reddito estremamente elevato, tanto più se la priorità viene data alla vendita rispetto alla locazione, come vorrebbe la Giunta. In altre parole, la variante rischia di innescare un processo di gentrificazione da cui usciranno perdenti i cittadini economicamente più vulnerabili, in particolare i giovani e chi vive di lavori precari.
La tutela ambientale passa per regole e controlli, che certo rendono più lente le pratiche per l’edilizia, ma al fine di uno sviluppo sostenibile del territorio. Tutte le pratiche burocratiche e le prescrizioni normative applicate fino ad oggi, che la Giunta Allevi vorrebbe depennare, non erano mirate a rendere inutilmente complicata l’apertura di cantieri, bensì a garantire lo sviluppo equilibrato e sostenibile della città, facendo in modo che ogni nuova edificazione fosse supportata da una congrua dotazione di servizi. La deregolamentazione imposta a tappe forzate dalla Giunta è dunque tutt’altro che orientata alla tutela ambientale.
Al di là dei cavilli utilizzati dalla Giunta, i comitati dei residenti e tanti cittadini sono concordi nel vedere quanto poco ci sia di vero nell’affermazione che si tratti di una “variante a consumo di suolo zero”, nella sua applicazione. A nulla però è servita la massiccia e costante mobilitazione della cittadinanza (sistematicamente ignorata), i comunicati, le manifestazioni di preoccupazione, le numerose manifestazioni a tutela del verde e dello sviluppo sostenibile di Monza, che rischia di perdere, di vedere gravemente danneggiate o di abbandonare definitivamente al degrado, aree di Triante, di San Fruttuoso, l’ex-Feltrificio Scotti, l’ex-Buonpastore, l’ospedale Umberto I.
LabMonza chiede pertanto all’Amministrazione di fare chiarezza sull’assenza della Carta del consumo di suolo, trattandosi di un elaborato senza il quale il PGT è incompatibile con la normativa vigente, e di rendere conto alla cittadinanza del reale impatto della variante sul tessuto urbano.