POLITICHE CULTURALI E TUTELA DEL PATRIMONIO STORICO

"L'amministrazione deve prendersi l’impegno di far incontrare offerta e domanda di cultura, creando occasioni di crescita e proponendo spunti di riflessione sui fenomeni di trasformazione del tessuto urbano, a partire dalle periferie."

La politica culturale deve partire dalla premessa che si sta trattando di un servizio necessario alla sopravvivenza, alla coesione e alla crescita di una comunità. Bisogna cioè riconoscere che ogni forma di civile convivenza può essere fondata solo su una buona conoscenza delle radici storiche della comunità, sulla percezione della fondamentale importanza dell’interazione sociale ed economica, fatta di scambi materiali e immateriali, e su una salda coscienza dei fondamenti giuridici del contratto sociale, dei diritti e dei doveri di cui ogni cittadino è soggetto e portatore. Gli impegni e gli investimenti utili a formare e valorizzare queste fondamenta della convivenza civile vanno perciò riconosciuti come essenziali e, a tutti gli effetti, strategici. Il sostegno e la crescita delle attività culturali e la tutela del patrimonio storico cittadino devono partire dal momento essenziale del confronto e del dialogo con le piccole associazioni, con gli attori più rilevanti nella gestione dei beni storici e della vita culturale monzese, con i teatri cittadini, con le scuole, gli istituti e le università, ma anche con le grandi reti della promozione turistica locale, nazionale ed internazionale.

Nella gestione del patrimonio storico e artistico riteniamo che la logica del museo-azienda non possa in alcun modo prevalere sull’idea che i beni storici e artistici siano beni comuni e tali debbano rimanere, promuovendo iniziative strutturali (come ad esempio gratuità e tariffe agevolate) che consentano a tutti di accedere a tali beni essenziali.

La stessa logica aziendalista non deve prevalere nemmeno su una valorizzazione di tale patrimonio che sia coerente con la sua stessa storia: luoghi ed edifici storici devono essere valorizzati in sé e per sé ed in relazione alla comunità di cui hanno fatto la storia, non come “sfondi di lusso” per attività ed eventi privati. La scarsità di risorse destinate alle politiche culturali di cui gli enti locali possono disporre dovrebbe essere almeno in parte superata attraverso la partecipazione puntuale e sistematica a bandi, anche in relazione agli ingenti fondi messi a disposizione dall’UE e dal PNRR; a ciò dovrebbe coniugarsi una sinergia intelligente con Milano, con il resto della Brianza e con tutta la regione. Inserire Monza in reti di cooperazione e in itinerari tematici, a tutti i livelli territoriali, consentirebbe non solo la promozione della città dal punto di vista turistico, ma anche l’ottimizzazione nella gestione delle risorse e soprattutto la riscoperta della sua lunga storia – dalle migrazioni longobarde al fiorire della Monza industriale – così da costruire e ricostruire un’identità cittadina oggi ben poco definita.

Infatti, nonostante la sua ricca storia e il notevole patrimonio artistico conservato entro i suoi confini, a livello istituzionale Monza si è riscoperta luogo d’arte e cultura solo di recente e tuttora stenta a valorizzare adeguatamente le risorse di cui dispone. “Riscoperta”, perché Monza è stata in certi ambiti, almeno fino a un passato recente, un punto di riferimento culturale di livello nazionale: basti ricordare i grandi nomi dell’arte applicata che sono passati per le aule dell’Istituto Nanni Valentini, che di questo passato illustre è tuttora testimonianza.

IL RAPPORTO CON MILANO (E CON IL RESTO DEL MONDO)

Nell’ambito delle politiche culturali, Monza risponde spesso a logiche più simili a quelle delle piccole realtà di provincia, piuttosto che a quelle di capoluoghi di pari o persino di inferiori dimensioni. Certe dinamiche sono riscontrabili tanto nella valorizzazione dei poli culturali quanto nella relazione con le piccole realtà associative. A rafforzare tali tendenze ha contribuito una certa discontinuità nella ricerca di un’offerta di qualità e di prestigio consoni a un capoluogo di provincia che ospita oltre 120.000 abitanti e che dista pochi chilometri da Milano. La vicinanza ad una delle città più dinamiche d’Europa è spesso stata utilizzata a mo’ di scusante per giustificare una gestione delle politiche culturali insufficiente; nel migliore dei casi, tale vicinanza ha suggerito una strategia – quella dell’adesione ad iniziative squisitamente milanesi, come il Fuorisalone – che però, come prevedibile, non hanno avuto quale esito una crescita di prestigio e di nome, né di afflusso di visitatori dall’esterno. Al contrario, l’assenza di una forte identità culturale sulla quale innestare queste iniziative ha causato un’ulteriore depauperamento della stessa. La scelta di investire fortemente in iniziative di punta nel calendario cittadino rivolte a nicchie molto specifiche e dai contenuti poco attuali ha contribuito al declassamento del nome di Monza come luogo di eventi culturali attrattivi. A ciò si aggiunga la chiusura della Villa Reale e la sua difficoltosa ripresa delle attività. Clamorosamente, dunque, oggi Monza non risulta attrattiva per gli operatori del settore eventi e cultura di portata nazionale e internazionale.

Per invertire la tendenza occorre un intenso lavoro di elevamento della qualità dell’offerta e l’instaurarsi di collaborazioni forti con enti e realtà di primo piano nazionale e internazionale, oltre alla costruzione di un calendario che premi la qualità sulla quantità. Indispensabili per effettuare questo salto di livello sono le risorse: il confronto con altre città ci restituisce di fatto un divario profondo tra le risorse messe a disposizione per la cultura. In altre parole, Monza deve finalmente promuovere la cultura a fattore strategico – non declassato ad ambito residuale – e considerare le risorse destinate per la cultura un investimento che ricade sul benessere della cittadinanza.

IL DIALOGO CON LE ASSOCIAZIONI DELLE PERIFERIE

Malgrado le istituzioni abbiano spesso mancato di visione per il rilancio culturale di Monza, sono numerose le associazioni dedite alle arti e alla creatività che operano in città, le quali finora hanno stentato a trovare spazi in cui svolgere la propria attività: costi elevati o ambienti inadeguati sono troppe volte un ostacolo difficilmente superabile per le piccole realtà, che per questo motivo sono costrette a trasferirsi nei comuni limitrofi. In altre parole, l’iniziativa del privato cittadino non trova corrispondenza in politica comunale di promozione di tali attività. Monza, in quanto capoluogo di provincia, dovrebbe al contrario favorire l’associazionismo e farsi catalizzatore, o centro di gravità, del fermento culturale cittadino e brianzolo, in tutte le sue diverse forme, potenziando le strutture esistenti (a partire dai centri civici e dalle biblioteche) e rendendole più accessibili. I centri civici rappresentano un luogo di aggregazione sociale fondamentale, in special modo nei quartieri più periferici, marginalizzati, quando non completamente esclusi, dalle politiche culturali del Comune. In una prospettiva lungimirante e accorta di recupero e valorizzazione delle periferie, il coinvolgimento delle associazioni di quartiere nelle politiche culturali del Comune potrebbe restituire vitalità a zone oggi perlopiù “dormitorio”, a supporto, tra l’altro, di politiche sociali e di sicurezza “olistiche” (si vedano le sezioni dedicate).

L’amministrazione deve prendersi l’impegno di far incontrare offerta e domanda di cultura, creando occasioni di crescita e proponendo spunti di riflessione sui fenomeni di trasformazione del tessuto urbano, a partire dalle periferie. Un passo importante in tal senso è stato compiuto con l’avvio del tavolo delle associazioni culturali, ma rimane molto da fare per rendere i centri civici un luogo realmente attrattivo e appetibile per le esigenze sia dell’associazionismo culturale – rilevatone le specificità – sia dei residenti del quartiere, potenziale platea di fruitori. Inoltre, nel corso del primo anno di amministrazione della Giunta Pilotto è stato avviato il percorso per la realizzazione di un calendario e di un’agenda condivisa delle attività delle associazioni culturali, oltre che per la loro mappatura e per l’aggiornamento del registro che ne raccoglie le informazioni.

MUSEI E FONDAZIONI

Il tesoro del Duomo di Monza rappresenta una delle raccolte più importanti del mondo nel suo genere, per rarità, ricchezza, e rilevanza storica. A questa raccolta si sono aggiunti, negli ultimi anni, la straordinaria realizzazione del Museo Gaiani, importante tanto per l’allestimento che per la concezione; e la vera e propria “riscoperte” degli affreschi tardogotici della cappella di Teodolinda che, grazie a un’eccezionale operazione di restauro, si sono rivelati come uno dei più completi e affascinanti cicli di affreschi tardogotici d’Italia. Un corretto rapporto con la Fondazione Gaiani deve puntare a sottolineare e diffondere la conoscenza di queste ricchezze, contribuendo a proseguire i cicli di restauro (la straordinaria sequenza di grandi tele settecentesche della navata) e ad aggiornare le conoscenze promuovendone lo studio. I summenzionati beni non sono nelle disponibilità dell’amministrazione pubblica, che tuttavia ha il compito di promuoverne la conoscenza e, soprattutto, connetterla con gli altri beni culturali che, a vario titolo, sono inscritte nel perimetro cittadino, facendo pressione affinché il Tesoro del Duomo e la Cappella degli Zavattari vengano inseriti in importanti circuiti turistici ed espositivi come Musei Lombardia; in tal senso, fondamentale per i prossimi anni sarà il superamento dei limiti che finora non hanno consentito una carta universale per l’accesso ai principali enti culturali della città, superando le differenze di statuto e proprietà. Con la creazione dei Musei Civici nella casa degli Umiliati il Comune dispone di una struttura che dovrebbe diventare, in collegamento con l’Arengario, promotore di conoscenza della città, più che “contenitore” di una piccola collezione di opere, stringendo accordi con le altre a istituzioni e associazione culturali cittadine e con le università per accentrare l’attenzione sui molteplici e diversi centri di interesse della città, con interventi di approfondimento scientificamente corretti e documentati da pubblicazioni decorose (come accadeva fino a qualche anno fa). I Musei Civici dovrebbero rafforzare la loro natura di polo museale pubblico e cittadino, favorendo una frequenza non semplicemente occasionale da parte dei residenti. A tal fine, si dovrà potenziare una vocazione culturale polifunzionale, fedele ai contenuti dei Musei, ma arricchita ulteriormente nell’offerta di laboratori per famiglie, eventi e iniziative di valorizzazione. A corollario di quest’orientamento, è stata già adottata una politica tariffaria coerente allo scopo, che negli anni potrebbe essere ritoccata e perfezionata.

SCUOLE E UNIVERSITÀ

Monza, pur non essendo propriamente città universitaria, ospita un distaccamento dell’Università Bicocca ed è città di universitari, oltre che di studenti di ogni ordine e grado. La presenza di tanti studenti e di giovani rappresenta un vantaggio potenziale ancora non sufficientemente esplorato e non valorizzato, e così pure le esigenze di questa rilevante percentuale di cittadini trovano raramente ascolto. Molti degli spazi dedicati agli studenti (in primis le aule studio e le biblioteche), ad esempio, soffrono di carenze strutturali e organizzative che dovranno essere affrontate al più presto (vedasi tesi programmatica Scuola e Università). Alla luce dell’ormai insostenibile trend del mercato immobiliare milanese, Monza non può trovarsi impreparata di fronte alla richiesta – che negli anni è destinata a crescere – di residenzialità agevolata, in particolare per gli studenti universitari. Gli stessi poli universitari, peraltro, soffrono i prezzi del capoluogo lombardo e nel futuro prossimo potrebbero essere spinti ad aprire nuovi distaccamenti al di fuori dei confini di Milano. Monza è dunque di fronte a un bivio e, al contempo, a un’occasione che può scegliere di cavalcare o di perdere: diventare una città universitaria – ossia a misura di studente – oppure rassegnarsi ad essere città sempre meno ospitale per i giovani, rinunciando alla vivacità culturale, sociale ed economica che lo status di città universitaria può attribuire.

Monza deve dunque lavorare assiduamente per la realizzazione di studentati, per instaurare relazioni positive e collaborative con gli atenei milanesi, per favorire l’innesto di nuovi poli di ricerca nel proprio territorio e per dotarsi di servizi commisurati alle esigenze della popolazione studentesca.

TEATRI E ARTE DI STRADA

Per quanto l’offerta teatrale risulti di buon livello, il Teatro Manzoni abbia consolidato un proprio percorso e il Binario 7 si sia ormai affermato come un punto di riferimento di rilievo sul territorio, Monza manca ancora di un vero e proprio “sistema teatrale”, al pari di città comparabili. Per quanto le offerte delle principali realtà cittadine si siano con il tempo distinte fra loro, diversificando i target di riferimento, non vi è mai stato lo sforzo effettivo per una strategia comune, di cui l’Amministrazione dovrebbe farsi principale regista. Sulla scorta di numerose esperienze affermatesi altrove, l’opzione della creazione di un unico soggetto (una fondazione) deputato alla gestione degli edifici e della programmazione potrebbe costituire un primo, cruciale passo per l’affermazione di Monza come città di teatro. Tale strumento consentirebbe, peraltro, di assumere in gestione altri spazi dedicati alle arti performative che si andranno a realizzare nei prossimi anni, come ad esempio l’auditorium di Piazza Virgilio.

Non solo teatri e auditorium: anche le strade e le piazze di Monza dovrebbero trasformarsi in luoghi in cui il fermento culturale si fa visibile e raggiunge tutta la cittadinanza. Artisti di strada, festival, rappresentazioni e installazioni temporanee potrebbero animarle nel corso di tutto l’anno, in particolare in quegli ambiti urbani in cui la cittadinanza denuncia una mancanza di cura e di sicurezza, reale o percepita (si veda il capitolo dedicato alla Sicurezza).

Per questo il regolamento sull’arte di strada andrebbe ritoccato, andando a uniformare i vincoli burocratici ed estendendo le medesime regole dei quartieri anche al centro cittadino. In seconda battuta, l’Amministrazione dovrebbe sviluppare iniziative mirate, destinando un quantitativo di risorse sufficiente per la loro realizzazione.

In passato le periferie sono state pressoché escluse da una qualsiasi programmazione culturale – con la felice eccezione delle attività svolte all’interno dei centri civici grazie all’iniziativa individuale dei cittadini. Un passo importante verso l’inclusione delle periferie nella programmazione culturale è stato l’inserimento tra gli obiettivi di mandato di un numero minimo di eventi da realizzarsi al di fuori del centro cittadino – obiettivo cui sono legati sia l’amministrazione che i dirigenti comunali.

L’OFFERTA CULTURALE

Una città culturalmente vitale è una città in cui l’arte non rimane chiusa tra le quattro mura di un museo o di un teatro, ma riesce a uscirne e a coinvolgere chi è all’esterno, nello spazio pubblico. A Monza è mancato finora un calendario culturale all’altezza delle proprie dimensioni e della sua storia, così come manca di eventi che riescano a caratterizzarla al di là del Gran Premio. Monza deve sviluppare una programmazione che, da una parte, valorizzi le caratteristiche salienti della città e della sua storia – dalla presenza longobarda all’eredità dell’ISIA, dalle origini romane all’archeologia industriale – e che, dall’altra, apra al futuro con iniziative alte, che la distinguano all’interno del panorama lombardo e che guardino alle nuove frontiere dell’arte. In questa operazione, l’Amministrazione (specie alla luce di un bilancio che storicamente non ha mai visto forti investimenti sulla cultura) deve saper cooperare con le associazioni del territorio, sostenere le iniziative più valide, investire su quelle che rispondono al suddetto orientamento, che si rivolgano all’esterno e non siano autoreferenziali, e che dimostrino di avere una solidità progettuale imprescindibile perché le risorse pubbliche possano ritenersi ben impiegate.

LA VILLA REALE E IL PARCO

Una specifica riflessione va dedicata alla Villa Reale e al complesso del Parco, con le cascine e le ville, i giardini, le aziende e gli impianti: il sistema monumentale più importante in Lombardia, e tra i maggiori in Europa, il cui immenso potenziale storico, culturale, ambientale, di aggregazione sociale non è stato ancora adeguatamente valorizzato. Finora, gli sporadici interventi di riqualificazione fin qui effettuati non sono riusciti a consentire la salvaguardia e l’uso sociale, convenzionato o diretto, di una parte rilevante del patrimonio architettonico. In condizioni di conservazione drammatiche è lasciato tutto quanto non sia affittato per ottenere piccole rendite.

È fondamentale che non si continui a considerare la Villa e il Parco meri contenitore di eventi e mostre, ma innanzitutto per quello che sono: beni storici da promuovere in quanto tali. L’approccio aziendalistico a Monza non ha portato i risultati attesi: l’investimento quasi esclusivo su poche mostre di grandi nomi ha consentito alla Villa di rimanere aperta al pubblico solo pochi giorni all’anno rispetto ad altre realtà similari, mentre i suoi ambienti venivano adibiti a location per feste private. Almeno la situazione dell’ala sud (liceo Nanni Valentini) è in via di risoluzione: sono stati stanziati fondi per il restauro e l’inzio dei lavori è previsto per giugno 2023.

È assolutamente necessario intervenire sulla sorte di chiusura e abbandono finora riservata a veri e propri gioielli architettonici, dalla Villa Mirabellino al mulino del Cantone; dalla preziosa cascina San Fedele ai Mulini Asciutti. Confermato l’affidamento in gestione di Villa Mirabellino da parte dell’Agenzia del Demanio al Consorzio, diviene oggi imprescindibile l’individuazione di una destinazione d’uso, in modo tale da avviare una progettualità sul bene che includa i suoi giardini e la Cascina Milano. Mentre rimane ancora molto da fare sul piano della ricettività all’interno della Villa Reale e sul piano della sua valorizzazione, negli scorsi mesi si sono avviate le procedure per aumentare i giorni di apertura – un passaggio a dir poco fondamentale per ottenere lo status di Museo e per consentire una miglior gestione del flusso dei visitatori.